Fobici e temerari
di Paolo Fasce - Il Secolo XIX, 4 ottobre 2020
Ho partecipato ad una riunione organizzata dalla ASL3 in veste di dirigente scolastico dell’ITTL “Nautico San Giorgio” di Genova e Camogli, nella quale sono stato informato e formato sulle procedure legate all’insorgenza di focolai [di Covid 19] e alle conseguenti misure di contenimento dei medesimi.
In tale occasione, in un contesto tecnico guidato da logiche sanitarie, beninteso necessarie, mi sono permesso di introdurre la variabile psicologica. Siamo infatti chiamati a lavorare con delle persone e, ho commentato, i dirigenti scolastici si trovano a relazionarsi con genitori e famiglie “fobiche” e genitori e famiglie “temerarie”, con insegnanti “fobici” e insegnanti “temerari”. E, a mio modesto avviso, anche la mia categoria è composta da “fobici” e “temerari”. Fortunatamente ci sono infinite gradazioni intermedie di persone ragionevoli che affrontano le questioni laicamente, “con disciplina e onore”, verrebbe da dire ispirandosi alla Costituzione.
Queste visioni del mondo contrapposte sono naturalmente prodromo di conflitto, ma anche le consonanze provocano grattacapi perché le aggregazioni di “fobici” e di “temerari” producono comitati e gruppi di omologhi che si autoalimentano e consolidano in rigidità difficili da sciogliere. È abbastanza evidente che l’incontro tra uno studente fobico e un insegnante temerario, o viceversa, possa degenerare in scontro. Ma anche analoghi incontri tra presidi e famiglie che abbiano diverse visioni del mondo può avere significative conseguenze, così come le frizioni sono all’ordine del giorno, su questi temi, tra docenti e dirigenti.
Queste tematiche, spesso sottaciute o ignorate, afferiscono ad altro contesto, quello della gestione dei conflitti e sono molto lieto di avere avuto la possibilità di rilanciare corsi sul tema che ho ereditato nel contesto della Rete di Scuola dell’Ambito 2 della Liguria. Sono stati curati da Giorgio Ferroni che è formatore esperto in metodologia e strumenti di mediazione sociale e gestione dei conflitti ed è stato consulente tecnico di organismi e uffici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Questi corsi aiutano gli/le insegnanti a crescere professionalmente sul tema del conflitto e a prepararsi ad una relazione adulta con studenti, famiglie e dirigenti. Mi farò senz’altro parte attiva acciocché anche i/le dirigenti scolastici partecipino ad un corso siffatto a loro dedicato perché è probabile che se i vertici delle scuole saranno maggiormente professionalizzati su queste tematiche, tutto il sistema ne avrà benefici.
«Le ragioni reali, i veri interessi per cui si confligge – dice Giorgio Ferroni – sono quasi sempre altre rispetto all’oggetto dello stesso. Le dinamiche psicologiche sottese a comportamenti fobici o temerari, tuttavia, possono avere in comune la mancanza di un’elaborazione dei contenuti affettivi profondi della propria vita, corrente e passata. Il Covid-19 quindi costituisce sostanzialmente un rivelatore, amplificatore e acceleratore delle dinamiche – non sempre riconosciute – che attraversano gli individui come le società». Se la filosofia occidentale ha avuto una svolta culturale col “Cogito ergo sum” e il razionalismo cartesiano, approcci più olistici potrebbero traslare la celebre massima in “Sento, quindi sono” e infatti, continua Ferroni: «i contenuti affettivi e la sfera emozionale incidono molto di più di quelli cognitivi sui “copioni” che ciascuno interpreta nella propria vita. Ad esempio, indossare o no una mascherina e il tipo di mascherina indossata, può fornirci indizi sulla visione esistenziale di ciascuno anche se, quando si analizza un conflitto e si mettono sul tavolo tutti gli elementi, da un lato si scopre che dietro gli atteggiamenti ci sono interessi – di cui l’individuo può essere o meno consapevole – e al vertice di essi i bisogni fondamentali (quelli della piramide di Maslow), dall’altro si rileva che in ogni conflitto ci sono sempre interessi in comune che sono molto più vasti delle ragioni per le quali il conflitto si è innescato. Ed è proprio a partire da questi interessi comuni che si lavora quando si vuole affrontare un conflitto». In estrema sintesi, non si uccide per un parcheggio rubato, ma perché il “furto di un parcheggio” è una violazione di un principio morale più alto o di un diritto di priorità percepito come assoluto. Riflettendoci bene, probabilmente non bastano i corsi organizzati dalla rete di scuole dell’Ambito 2 della Liguria, ma forse occorrerebbe assegnare “ai Ferroni” uno spazio che decenni fa fu del Maestro Manzi perché “Non è mai troppo tardi” per diventare adulti.